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BRUNO SCHACHERL IN MEMORIAM

Firenze, 24 febbraio 2015

 

Caro Bruno,

è dunque venuto il momento di salutarci – addio, o a rivederci: chissà.
Un giorno mi hai detto: Cosa ci portiamo di là? Tutto quello che avevamo di qua.

È dal 1965 che parliamo – da quando hai scritto per "Rinascita" uno dei tuoi saggi più belli a proposito di Zip – e ci hai difeso, Quartucci e me, con grande lungimiranza aprendoti al nuovo.
Da allora sei stato un punto di riferimento: quante volte, nel gran mutamento che abbiamo vissuto, di cui siamo stati in parte attori, ti ho chiesto: cosa ne pensi?
Dagli sconvolgimenti di Praga alla dissoluzione del socialismo reale e alla metamorfosi e dissoluzione del Partito Comunista Italiano quanti dialoghi, quanti suggerimenti.

C’è là, nel tempo del tuo ritorno a Firenze, a testimoniare il tuo rovello e mutamento, il libro Come se. Un viaggio nella tua vita e militanza. L’ho messo accanto al libro altrettanto bello di Ottavio Cecchi, Memorie dell’autoinganno.
Rivoluzione, utopia, riforme, via italiana, socialismo.
Un giorno, mentre parlavamo di Praga 1968 e Budapest 1956 (tremenda inciampatura del PCI) tu dicesti: "Dovevamo partire dal 1953, dalla rivolta degli operai di Berlino contro i burocrati": quella rivolta a cui aveva aderito all’inizio anche Brecht col Berliner Ensemble. Ricominciare da lì.
Ecco le svolte del PCI, tutte coraggiose, ma tutte sempre in ritardo. E quell’ingannevole doppio binario. E l’eroismo della base, il sogno di una società onesta e giusta, il sogno della rivoluzione e la pratica quotidiana del riformismo. Alla fine il dissidio è deflagrato.
Che straordinario lettore sei stato – non solo di Proust e Stendhal, ma di Pavese e Fenoglio, di Bilenchi e Testori, di Pasolini e Gadda – e lucido accompagnatore della grande stagione del teatro italiano – da Strehler a Visconti, Squarzina, Pandolfi fino al Nuovo Teatro, al Living, Ronconi, Quartucci, Bene – fino a noi.
Hai letto tutto quello che ho pubblicato – proprio tutto (e a volte i manoscritti, quando ti chiedevo consigli prima della stampa) – e ne hai scritto con profondità, collocando la poesia nel teatro e il teatro nella poesia – e poesia e teatro nel racconto. Pochi hanno capito il mio mondo come te – collegando Nane Oca a Zip, Lorenzo il violoncellista a Opera della notte, i Canti del guardare lontano al Teatro Vagante e all’utopia della musica.
Ecco, credo che tu sia stato, con estrema umiltà, sempre militante, sempre attentissimo alla temperatura della polis, una delle una delle menti critiche più lucide della cultura italiana. Ne fanno fede le tue traduzioni, il tuo lavorio all’"Unità" e "Rinascita"/"Il Contemporaneo", i tuoi articoli e saggi, le tue scelte problematiche, sempre motivate.
Proprio ieri sono andato alla messa per Luca Ronconi: quanto abbiamo parlato del suo lavoro. Anche se di teatro non scrivevi più, non so se per delusione o stanchezza (per fortuna che ti ho convinto in tempo a raccogliere i tuoi saggi nel bellissimo Il critico errante) – eri pur sempre attentissimo a ciò che sopravveniva. Certo, eri legato alla formazione degli Stabili, alla stima profonda per i grandi di allora – e forse con la loro scomparsa ti sei sentito fuori scena.
Ma fuori scena non sei stato mai. Sia perché la tua prodigiosa memoria rimetteva sempre in scena tutto ciò che hai vissuto, gli anni di Fiume, l’Università di Padova e poi di Firenze, la Resistenza, il Nuovo "Corriere" con Bilenchi e il lavoro nel Partito – sia perché mai hai smesso di batterti, fino all’ultimo giorno. Alla ricerca, sempre, del sentiero civile al servizio dell’uomo, in qualunque frangente e situazione: come se, appunto.
Ecco, eri in scena con la mutilazione che hai accettato, e hai lottato fino all’ultimo, da comunista – con la resistenza dei comunisti – i rari veri comunisti.
Ti ho ammirato e ti ammiro. Ci hai dato una lezione di vita e di amore alla vita, all’intelligenza, insieme a tua figlia e a Marco, ai tuoi nipoti e a Juan Carlos che ti ha seguito in questi anni. Da parte di tutti una lezione di familiarità, amicizia, sevizio.
Ti abbraccio

Giuliano Scabia

 
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